
L'opera di Patañjali consiste in 196 sûtra (in prima approssimazione
potremmo tradurre questa parola con «aforismi» o «versi»)
che descrivono con magistrale chiarezza e incredibile capacità di
sintesi la filosofia Yoga.In realtà la parola sûtra
significa «legame», «sequenza» o «catena» e
indica come tutta l'opera sia un susseguirsi ininterrotto di idee
che si incastrano perfettamente come i grani di una mala fino a
formare un unico concetto che percorre in filigrana tutto il testo.Questa
scrittura è anche chiamata Yoga Darshana che è spesso
tradotto con «filosofia Yoga» anche se in realtà la
parola darshana ha un significato molto più profondo: letteralmente
significa «vedere», quindi Yoga Darshana significa «il
processo di vedere attraverso lo Yoga», ma si tratta di una
vista preclusa agli occhi o ad ogni altro senso; è un vedere
l'invisibile che si cela dietro la comune percezione.Il testo è diviso
in quattro sezioni:Samâdhi Pada (51 sûtra): viene analizzata
la natura generale dello Yoga e poiché la tecnica essenziale è il
Samâdhi, quest'ultimo viene trattato approfonditamente
tanto da attribuire il nome alla prima sezione.
Sâdhana Pada (55 sûtra): contiene la teoria dei klesa ed un'analisi
magistrale della sofferenza che la vita umana comporta ed affronta le prime
cinque tecniche Yoga cui si fa riferimento come bahiranga, ovverosia esteriori.
Scopo di questa sezione è quindi preparare fisicamente e mentalmente
il sâdhaka alla pratica dello Yoga superiore.
Vibhuti Pada (56 sûtra): tratta le tre rimanenti tecniche (antaranga,
cioè interiori) e le siddhi cui queste naturalmente portano.
Kaivalya Pada (34 sûtra): vengono esposti i problemi filosofici
essenziali che lo studio e la pratica dello Yoga comportano.
I versi si susseguono secondo una logica irrefutabile e sono meticolosamente
disposti seguendo un ben preciso ordine, riuscendo a toccare ogni aspetto
della filosofia Yoga con sorprendente chiarezza. Ogni sûtra è una
piccola perla che racchiude un insospettato rigore scientifico in un
guscio di pura poesia.Lo yoga di Patañjali è spesso chiamato
ashtanga Yoga, ovvero lo «Yoga degli otto stadi»; infatti
anche se l'autore offre un'ampia varietà di tecniche per armonizzare
la mente e il corpo, il percorso principale si articola in otto stadi
fondamentali:
I
primi cinque
sono:
yama (armonizzazione delle relazioni interpersonali);
niyama (armonizzazione delle sensazioni interiori);
â sana (bilanciamento degli impulsi nervosi opposti);
prânâyâma (concentrazione di tutta l'energia pranica);
pratyâhâra (raccoglimento ed eliminazione di tutte le distrazioni
esterne alla persona);
Questi sono le cosiddette pratiche esterne, o bahiranga,
che gradualmente preparano il corpo e la mente per gli ultimi
tre stadi:
dhâranâ (concentrazione
della mente in un unico punto e soppressione della confusione mentale
utilizzando un simbolo psichico come centro focale);
dhyâna (meditazione; la consapevolezza scorre senza sforzo
intorno al simbolo psichico);
samâdhi (uno stato in cui vi è completa assenza di qualsiasi
modificazione mentale; tutto ciò che rimane è consapevolezza).

Libro Primo: Samadhi
Pada del Samadhi
1. [Si illustra] ora la disciplina dello Yoga
2. Yoga è l'arresto delle modificazioni mentali.
3. A questo punto il testimone è stabile in sé stesso.
4. Negli altri stati esiste identificazione con i mutamenti della
mente.
5. Le modificazioni della mente sono cinque. Possono essere dolorose
o non dolorose.
6. Esse sono: retta conoscenza, falso sapere, immaginazione,
sonno e memoria.
7. La retta conoscenza ha tre fonti: percezione diretta, deduzione
e testimonianza.
8. Il falso sapere è un costrutto che non corrisponde alla
realtà.
9. Immaginazione è un'attività mentale evocata da
parole, priva di fondamento.
10. La modificazione della mente fondata sull'assenza di ogni
contenuto è il sonno.
11. La memoria è la rievocazione di precedenti esperienze.
12. L'arresto delle modificazioni della mente si raggiunge con
una pratica continua e con il distacco dalle passioni.
13. La pratica consiste nell'esercitarsi con costanza al fine
di raggiungere la quiete.
14. La pratica diventa una realtà acquisita solo dopo un
esercizio lungo, ininterrotto e compiuto con profonda dedizione.
15. Il primo stato di assenza di desiderio, o vairagya, si ottiene
allorché coscientemente non si indulge più nella ricerca
dei piaceri sensoriali.
16. Lo stato supremo di assenza di desiderio si verifica quando
tutti i desideri cessano, in seguito alla scoperta della natura
più intima del Purusha, il Sé Supremo.
17. Il samadhi con seme è accompagnato dal ragionamento,
dalla riflessione, dalla beatitudine e da un senso di puro essere.
18. Nel samadhi senza seme, invece, si ha un arresto di ogni
lavorio della mente, e la mente conserva solo impressioni non manifeste.
19. Il samadhi senza seme è conseguito dagli spiriti illuminati
che hanno lasciato il corpo, o Videha, e dagli esseri i cui corpi
vengono riassorbiti dalla natura, o prakriti-laya. Essi torneranno
a rinascere in quanto conservano i semi del desiderio.
20. Altri conseguono il samadhi senza seme mediante la fede,
lo sforzo, il raccoglimento, la concentrazione e la capacità di
discriminare.
21. Il successo è più vicino a quanti compiono un
percorso intenso e sincero.
22. Le possibilità di successo variano a seconda della forza
della volontà.
23. La realizzazione può essere ottenuta anche mediante la
devozione a Dio, Ishvara.
24. Dio è il sommo Sé. Egli è intocco dalle
pene della vita, dalle azioni e dalle loro Conseguenze.
25. In Dio è il supremo principio di Consapevolezza e la
conoscenza suprema.
26. Essendo al di là di ogni limitazione temporale egli è altresì il
Maestro dei Maestri.
27. Egli è conosciuto in quanto AUM.( Om )
28. Si deve ripetere e meditare sull'AUM.
29. La ripetizione e la meditazione sull'AUM comportano la scomparsa
di tutti gli impedimenti e il risveglio della consapevolezza rivolta
all'interno.
30. Gli impedimenti di una mente distratta sono: malattia, apatia,
dubbio, negligenza, indolenza, sensualità, delusione, impotenza
nel conseguire uno stato di realizzazione e instabilità nell'immergersi
in essa, allorchè, la si raggiunga.
31. I sintomi di questi fattori di distrazione sono: angoscia,
disperazione, instabilità e irregolarità del respiro.
32. Per rimuovere questi fattori, si mediti su un unico principio,
o ekagrata.
33. La mente diviene quieta coltivando un atteggiamento di amicizia,
di compassione per i sofferenti, di equanimità verso felicità e
dolore, virtù e vizio.
34. La mente si acquieta anche con il controllo dell'ispirazione
e la successiva ritenzione dei respiro, o prana.
35. Oppure con percezioni sensoriali straordinarie, che stabilizzino
la mente su sé stessa.
36. Oppure, si mediti sulla luce interiore, che è fonte serena
e al di là di ogni tristezza.
37. Oppure, si mediti su un essere che abbia conseguito il distacco
dai desideri.
38. Oppure, si mediti sulla consapevolezza che sorge durante
il sonno.
39. Oppure, si mediti su qualsiasi cosa si adatti a voi naturalmente.
40. In questo modo, lo yogin acquisterà padronanza di ogni
cosa, dall'atomo infinitesimale fino alla magnificenza dell'universo.
41. Allorché, l'attività della mente viene posta sotto
controllo, la mente diviene pura come un cristallo, e riflette con
precisione, senza distorsione alcuna, colui che percepisce, ciò che
viene percepito, e lo stesso ente che percepisce.
42. Savitarka samadhi, è il samadhi in cui lo yogin è ancora
incapace di discriminare tra vera conoscenza, conoscenza basata
sulle parole e conoscenza fondata sul ragionamento o le percezioni
dei sensi, che permangono nella mente in forma confusa, mescolandosi
tra loro.
43. Il Nirvitarka samadhi si consegue allorché, la memoria
viene purificata e la mente è in grado di percepire la vera
natura delle cose, senza contaminazione alcuna.
44. Le spiegazioni fatte per il Savitarka samadhi e per il Nirvitarka
samadhi, chiariscono anche i livelli di samadhi più elevati,
ma in quegli stati, detti Savichara samadhi e Nirvichara samadhi,
gli oggetti di meditazione sono di gran lunga più sottili.
45. La regione dei samadhi connessa con questi oggetti più sottili
si estende fino allo stadio privo di forma delle energie sottili.
46. Questi samadhi frutto della meditazione su un oggetto sono
detti samadhi con seme, e non danno libertà dal ciclo della
rinascita.
47. Allorchè, si consegue la purezza suprema nello stato
di Nirvichara Samadhi, si ha il sorgere di una luce spirituale.
48. In questa calma interiore, data dal Nirvichara samadhi, la
consapevolezza si colma di verità.v 49. Nello stato di Nirvichara
samadhi, l'oggetto viene sperimentato nella sua dimensione reale,
poiché in questo stato si consegue una conoscenza diretta,
libera dall'utilizzo dei sensi.
50. Le percezioni che si conseguono nel Nirvichara samadhi trascendono
tutte le percezioni normali sia per estensione che per intensità.
51. Allorché, questo controllo su tutte le altre forme di
controllo viene trasceso, si consegue il samadhi senza seme, e con
esso si è liberi dalla vita e dalla morte.

Libro secondo: Sadhana
Pada del sentiero
1. Lo yoga di tipo pratico, o Kirya yoga, ha un compito introduttivo,
ed è costituito da ascesi, studio del Sé, abbandono
a Dio.
2. La pratica del Kriya Yoga riduce la miseria e l'afflizione
(klesa) e conduce al samadhi.
3. La miseria o infelicità è prodotta da: mancanza
di consapevolezza, o avidya, egoismo, passioni, avversioni, attaccamento
alla vita e paura della morte.
4. Sia che sussistano in forma latente, in forma attutita, alterata
o in piena attività, è grazie alla mancanza di consapevolezza,
o avidya, che le altre fonti di infelicità possono operare.
5. Mancanza di consapevolezza, o avidya, è prendere ciò che è caduco
per eterno, ciò che è impuro per puro, ciò che
arreca dolore per piacere e il non-sé per il Sé.
6. Egoismo è l'identificazione di colui che vede con la cosa
vista.
7. Si ha attrazione, e per suo tramite attaccamento, verso qualsiasi
cosa arrechi piacere.
8. Si ha repulsione verso qualsiasi cosa arrechi dolore.
9. Nel fluire della vita è la paura della morte, l'attaccamento
alla vita. Esso domina tutti, perfino il saggio.
10. Le fonti delle cinque sofferenze possono essere annullate,
riconducendole alla loro fonte originaria.
11. Le manifestazioni esteriori di queste cinque fonti di sofferenza
scompaiono attraverso la meditazione.
12. Sia che si adempiano nel presente, oppure nel futuro, le
esperienze karmiche hanno le loro radici nelle cinque fonti di sofferenza.
13. Finché, la radice permane, il karma si adempie in rinascite,
tramite le classi sociali, la lunghezza della vita e il tipo di
esperienze che si vivranno.
14. La virtù porta piacere; il vizio arreca dolore.
15. La persona in grado di discriminare realizza che tutto arreca
infelicità a causa dei mutamenti, dell'ansia, delle esperienze
passate, e dei conflitti che sorgono tra i tre attributi, o guna,
e le cinque modificazioni della mente.
16. Si deve evitare la sofferenza futura.
17. Si deve spezzare il legame tra colui che vede e la cosa vista,
in quanto arreca infelicità.
18. La cosa vista, che è formata dagli elementi e dai sensi
ha come natura la stabilità, l'azione e l'inerzia, e ha come
fine dare esperienza e quindi la liberazione al veggente.
19. I tre guna - stabilità, azione e inerzia - hanno quattro
stadi: il definito, l'indefinito, il differenziato e il non manifesto
(indifferenziato).
20. Il veggente, sebbene sia pura consapevolezza, vede attraverso
le distorsioni della mente.
21. La cosa vista esiste in funzione di colui che vede.
22. Sebbene la cosa vista sia morta per colui che consegue la
liberazione, essa è viva per gli altri in quanto è elemento
comune a tutti.
23. Il veggente e la cosa vista si presentano insieme, in modo
tale che sia possibile realizzare la vera natura di ognuno di essi.
24. La causa di questa unione è ignoranza, o avidya.
25. La dissociazione di colui che vede e della cosa vista prodotta
dell'ignoranza è il rimedio che arreca liberazione.
26. La pratica costante dei discernimento tra ciò che è reale
e ciò che è irreale, è il mezzo per la soluzione
dell'ignoranza.
27. Lo stadio più elevato dell'illuminazione si consegue
in sette passi.
28. Praticando il tirocinio dello yoga per distruggere l'impurità,
si consegue l' illuminazione spirituale che conduce nella consapevolezza
del reale.
29. Gli otto mezzi dello yoga sono: yama (autocontrollo), niyama
(osservanze), asana (posizione), pranayama (controllo del respiro),
pratyahara (astrazione), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione),
samadhi (contemplazione).
30. Autocontrollo, o yama, è il primo passo dello yoga, e
si compone dei cinque voti seguenti: non violenza (ahimsa), veridicità (satya),
onestà (asteya), continenza (brahmacharya), e non possessività (aparigraha).
31. Questi cinque voti, che formano il grande voto, si estendono
a tutti e sette gli stadi dell'illuminazione senza riguardo alla
classe, al luogo, al tempo o alle circostanze.
32. Purezza, appagamento, austerità, studio, e abbandono
a Dio sono le cinque leggi, o niyama, da osservare.
33. Quando la mente è disturbata da pensieri nocivi, medita
sui loro opposti.
34. I pensieri nocivi sono la violenza e le altre cause di dolore.
Possono essere praticati direttamente, imposti a parole o approvati
mentalmente; provengono da sentimenti di cupidigia, ira e altre
condizioni di annebbiamento; possono essere moderati, medi o intensi
e portano inevitabilmente a dolore e ignoranza. Perciò è necessario
coltivare le opposte inclinazioni.
35. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella non
violenza, coloro che sono in sua presenza abbandonano ogni ostilità.
36. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella verità,
egli consegue i frutti dell'azione senza agire.
37. Allorché lo yogin è fermamente stabile nell'onestà,
le ricchezze interiori si presentano a lui da sole.
38. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella continenza
sessuale, acquista energia.
39. Allorché lo yogin è fermamente stabile nella non
possessività, sorge la conoscenza dei "come" e "perché" dell'esistenza.
40. Allorché si consegue la purezza sorge nello yogin un
disgusto dei proprio corpo e si evita il contatto fisico con gli
altri.
41. Dalla purezza mentale sorge allegria, potere di concentrazione,
controllo dei sensi, e capacità di realizzare il Sé.
42. Con l'appagamento si raggiunge la felicità suprema.
43. L'austerità distrugge le impurità, e con l'insorgere
della perfezione nel corpo e nei sensi, si risvegliano i poteri
fisici e mentali.
44. L'unione con il divino avviene attraverso lo studio del Sé.
45. E' possibile realizzare l'illuminazione totale, arrendendosi
a Dio.
46. Le posture (asana) devo essere stabili e comode.
47. Si ha padronanza sulle asana rilassandosi dallo sforzo e
meditando su ciò che è illimitato.
48. Allorché, si ha padronanza sulle asana, si ha un arresto
dei disturbi prodotti dalle dualità.
49. Il passo successivo, dopo la perfezione delle asana, è il
controllo dei respiro, che consiste nel trattenere il respiro inalando
e esalando, oppure arrestando il respiro d'acchito.
50. Esso è interno, esterno o stabile. La durata e la frequenza
dei respiri controllati sono condizionate dal tempo e dal luogo,
e diventano sempre più prolungate e sottili.
51. Esiste una quarta sfera nel controllo dei respiro, che va
oltre le altre tre.
52. A questo punto avviene il riassorbimento dello schermo di
luce.
53. Quindi la mente non ostacola la concentrazione.
54. Il quinto componente dello yoga, o pratyahara - il ritorno
alla fonte - è il ristabilire l'abilità della mente
di controllare i sensi, rinunciando alle distrazioni degli oggetti
esteriori.
55. Quindi si ha la completa padronanza su tutti i sensi.

Libro Terzo: Vibhuti
Pada dei Poteri
1. Dharana, o concentrazione, è il fissarsi della mente
sull'oggetto su cui si medita.
2. Dhyana è l'ininterrotta fissità della mente sull'oggetto.
3. Samadhi si ha allorché, la mente si unisce all'oggetto.
4. Questi tre, applicati insieme - dharana, dhyana e samadhi
- formano samyama, o equilibrio, che si consegue allorché,
scompaiono soggetto e oggetto.
5. Padroneggiando tutto questo, [emerge] la luce della somma
consapevolezza.
6. Samyama deve essere applicata nei vari stadi.
7. Questi tre - dharana, dhyana e samadhi - sono interni se paragonati
ai cinque che li precedono.
8. Tuttavia questi tre sono esterni, se paragonati al samadhi
senza seme.
9. Nirodha padnam è la trasformazione della mente allorché,
essa viene permeata dallo stato di nirodha (o attimo di non mente),
stato che interviene per un attimo tra la scomparsa di una impressione
e l'avvento di un'impressione successiva.
10.Questo diviene stabile prolungandone e ripetendone l'esperienza
con l'esercizio.
11. Samadhi padnam, o trasformazione interiore, è l'assestarsi
graduale delle distrazioni e il graduale e simultaneo sorgere della
concentrazione in un punto.
12. Ekagrata padnam, o concentrazione in un punto, è la condizione
della mente in cui l'oggetto mentale quiescente e quello successivo
sono identici.
13. Da ciò che è stato detto negli ultimi quattro
sutra, si spiegano anche le proprietà, il carattere e le
condizioni di trasformazione negli elementi e nei sensi.
14. Siano essi latenti, attivi o non manifesti, tutte le proprietà sono
correlate alla sostanza che ne risulta.
15. La variazione nella trasformazione è prodotta dalla varietà dei
processi cui soggiace.
16. Praticando il samyama -nirodh, samadhi e ekagrata - sui tre
tipi di trasformazione si perviene alla conoscenza dei passato e
dei futuro.
17. Il suono si percepisce confuso e sovrapposto al suo significato
e all'idea. Praticando samyama sul suono lo si separa e sorge comprensione
dei significati dei suoni prodotti da qualsiasi essere vivente.
18. Osservando le impressioni del passato si ottiene la conoscenza
sulle nascite precedenti.
19. Grazie a samyama si può conoscere l'immagine presente
nella mente altrui.
20. La percezione che si ottiene tramite samyama non porta a
conoscere i fattori mentali che sostengono l'immagine nella mente
altrui, in quanto quello non è l'oggetto dei samyama.
21. Applicando samyama alla forma dei corpo in modo da interrompere
il potere di ricezione, si spezza il contatto tra l'occhio di un
osservatore e la luce prodotta dal corpo, e pertanto il corpo diventa
invisibile.
22. Questo principio spiega altresì la scomparsa del suono.
23. Praticando samyama sui due tipi di karma, attivo o assopito,
oppure sui certi segni, si può predire l'esatto momento della
morte.
24. Praticando samyama sull'amicizia, o su qualsiasi altra qualità,
si ottengono grandi poteri su quella data qualità.
25. Praticando samyama sulla forza di un elefante, si ottiene
la forza di un elefante.
26. Dirigendo la luce sulla facoltà supersensoriale, si consegue
la conoscenza dei sottile, dell'occulto e di ciò che è distante.
27. Praticando samyama sul sole si consegue la conoscenza dei
mondi.
28. Praticando samyama sulla luna, si consegue la conoscenza
della posizione delle stelle.
29. Praticando samyama sulla stella polare, si consegue la conoscenza
dei movimento delle stelle.
30. Praticando samyama sull'ombelico, si consegue la conoscenza
sulla costituzione dei corpo.
31. Praticando samyama sulla gola, si ottiene l'arresto delle
sensazioni di fame e di sete.
32. Praticando samyama sul nervo chiamato kurma-nadhi, lo yogin
realizza l'assoluta immobilità.
33. Praticando samyama sulla luce sotto la corona dei capo, si
acquista la capacità di entrare in contatto con tutti gli
esseri perfetti.
34. Oppure dal potere di pratibha, l'intuizione, [si perviene
a] la conoscenza di ogni cosa.
35. Praticando samyama sul cuore, si ottiene la consapevolezza
della natura della mente.
36. L'esperienza è il risultato della incapacità di
differenziare il purusha, o pura consapevolezza, dal sattva, o pura
intelligenza, sebbene essi siano perfettamente distinti tra loro.
37. Da qui sopravvengono udito, tatto, vista, gusto e olfatto
verso fenomeni sottili e la capacità d'intuizione.
38. Questi sono utili allorché la mente è rivolta
verso l'esterno, ma sono ostacoli sul cammino dei samadhi.
39. Abbandonando le cause che delimitano e conoscendo i passaggi, è possibile
entrare nel corpo di un altro essere.
40. Soggiogando il soffio vitale, o udana, lo yogin è in
grado di levitare e di passare senza contatto sull'acqua, il fango,
le spine, eccetera. 41. Soggiogando il soffio equilibrante, o samana,
lo yogin è in grado di provocare il fulgore luminoso.
42. Praticando samyama sulla relazione che esiste tra l'organo
dell'udito e l'etere, diviene possibile un udito soprannaturale.
43. Praticando samyama sulla relazione che esiste tra il corpo
e l'etere, e al tempo stesso identificandosi con oggetti leggeri,come
fiocchii di cotone, lo yogin è in grado di attraversare lo
spazio.
44. Il potere di entrare in contatto con lo stato di consapevolezza
esistente all'esterno dei corpo mentale, e che pertanto è inconcepibile, è chiamato
mahavideha. Tramite questo potere si distrugge lo schermo luminoso.
45. Praticando samyama sopra la grossezza, la natura costante,
la sottigliezza, l'immanenza e la finalità, si ottiene la
padronanza sui panchabhuta, o cinque elementi.
46. Da qui conseguono le altre perfezioni, quali la perfezione
del corpo e la rimozione di tutti gli ostacoli.
47. Bellezza, grazia, forza, compattezza adamantina, formano
il corpo perfetto.
48. Praticando samyama sul loro potere di percezione degli organi
di senso, sulla loro vera natura, sull'egoismo, sull'immanenza e
sulle funzioni si ottiene la padronanza sui sensi.
49. Da qui consegue una percezione istantanea, senza l'utilizzo
dei corpo, e una completa padronanza sul pradhana, o mondo materiale.
50. Solo dopo aver acquisito la consapevolezza sulla distinzione
che sussiste tra sattva e purusha sorge la supremazia universale
e l'onniscienza.
51. Quando poi si è liberi da attaccamento rispetto a tutti
questi poteri, si distrugge il seme che imprigiona. A quel punto
segue kaivaiya, o liberazione.
52. Si dovrebbero evitare qualsiasi attaccamento o orgoglio nei
confronti del potere delle entità divine che governano i
vari livelli esistenziali, poiché questo porterebbe con sé la
possibilità di risveglio del male.
53. Praticando samyama sul momento presente, sul momento passato
e sul momento che verrà, si ottiene la conoscenza nata dalla
consapevolezza.
54. Da qui nasce la capacità di distinguere tra oggetti simili
che non possono essere indicati da specie, carattere o posizione.
55. La conoscenza superiore nata da tale consapevolezza include
la cognizione di tutti gli oggetti, simultaneamente, e opera in
qualsiasi direzione, nel passato, nel presente e nel futuro.
56. Si consegue la liberazione allorché esiste una eguale
purezza tra il purusha e sattva.

Libro quarto: Kaivalya
Pada dell'isolamento o Liberazione
1. I poteri vengono rivelati alla nascita, oppure sono conseguiti
tramite l'uso di droghe, la ripetizione di parole sacre, l'ascesi
o il samadhi.
2. La trasformazione da una classe, specie, o tipo di essere
in un altro, avviene tramite lo straripare delle tendenze naturali
o l'evoluzione delle proprie potenzialità.
3. La causa secondaria non risveglia all'azione le tendenze naturali;
si limita a rimuovere gli ostacoli - assomiglia all'irrigazione
di un campo: il contadino rimuove gli ostacoli e l'acqua scorre
liberamente per suo conto.
4. Le menti individuali discendono unicamente dall'egoismo.
5. Un'unica intelligenza originale dirige le differenti intelligenze.
6. Solo con la meditazione si raggiunge l'intelligenza libera
dai desideri.
7. L'azione, o karma, dello yogin non è pura né impura,
mentre quella di tutti gli altri è di tre tipi: pura, impura
e mista.
8. I tre tipi di karma si manifestano allorché le circostanze
si rivelano favorevoli alla loro realizzazione.
9. Poiché i ricordi e le impressioni si conservano nel tempo,
la relazione di causa - effetto permane, perfino allorché è separata
da classe, spazio e tempo.
10. E questo processo non ha inizio, in quanto il desiderio di
vivere è eterno.
11. Essendo i semi karmici legati insieme, in quanto causa e
effetto, gli effetti svaniscono allorché scompaiono le cause.
12. Passato e futuro esistono nel presente, tuttavia non sono
sperimentati nel presente in quanto sussistono su piani diversi.
13. Siano essi manifesti o non manifesti, il passato, il presente
e il futuro partecipano della natura dei guna: sono stabili, attivi
o inerti.
14. La qualità di ogni oggetto è data dalla unicità delle
proporzioni dei tre guna.
15. Lo stesso oggetto è visto in modi diversi da menti diverse.
16. Un oggetto non dipende affatto da un'unica mente.
17. Un oggetto è noto oppure è ignoto a seconda che
la mente sia "colorata" da esso, oppure no.
18. Le modificazioni della mente vengono sempre conosciute dal
loro signore, il Purusa, o pura consapevolezza che non muta.
19. La mente non brilla di luce propria, dal momento che è essa
stessa percepibile.
20. E' impossibile per la mente conoscere simultaneamente il
percipiente e il percepito.
21. Se si desse per assunto che una seconda mente illumini la
prima, si dovrebbe anche assumere una cognizione della cognizione,
all'infinito, e una confusione dei ricordi.
22. La conoscenza della propria natura, tramite l'autocoscienza,
si consegue allorché la consapevolezza assume quella stabilità per
cui non passa più da uno stato all'altro.
23. Allorché la mente è colorata da colui che conosce
e dalla cosa conosciuta, essa comprende tutto.
24. La mente, benché, variegata da innumerevoli desideri,
agisce per lo scopo di un altro, in quanto agisce per associazione.
25. Allorché si è vista questa distinzione, si ha
un arresto dei desideri riflessi nell'atma, o Sé.
26. A questo punto, la mente propende per la discriminazione
e gravita verso la liberazione.
27. A intermittenza, sorgono altri pratyaya, o concetti, grazie
alla forza delle impressioni precedenti. Anche queste vanno rimosse
così come si è fatto con le altre cause di sofferenza.
28. Chi è in grado di conservare uno stato di assenza di
desiderio costante, perfino nei confronti degli stati di illuminazione
più esaltanti, ed è in grado di esercitare la forma
di discriminazione più elevata, entra nello stato noto come
'la nube di virtù.
29 A questo punto segue la liberazione da ogni sofferenza e da
ogni karma.
30. Ciò che può essere conosciuto attraverso la mente è infinitesimale
se paragonato con l'infinita conoscenza che si ottiene nell'illuminazione,
allorché, vengono rimossi tutti i veli, tutte le distorsioni
e tutte le impurità.
31. Avendo adempiuto i loro scopi, il processo di mutamento nei
tre guna giunge alla fine.
32. Kramaha, o il processo, è la successione dei cambiamenti
che si verificano di momento in momento e che divengono percepibili
allorché, finiscono le trasformazioni dei tre guna.
33. Kaivalya è lo stato che segue il rifondersi dei tre guna,
dovuto al loro divenire privi di scopo per il Purusa.
34. Kaivalya è quando il Purusa è stabile nella sua
vera natura, che è pura consapevolezza.
